martedì 14 dicembre 2010

La diversità e il diversity management

Riprendo il mio blog prima della fine dell'anno, trattando di un tema che mi ha tenuto sveglio fino a tarda notte ultimamente, soprattutto per questioni professionali: parliamo di diversità.

Immaginate un Inter senza Milito: molto probabilmente l’anno scorso il campionato di calcio italiano avrebbe preso una piega differente senza i 22 goal segnati da “el Principe”, come viene affettuosamente chiamato dai propri tifosi il bomber argentino. Ma andiamo un attimo indietro nel tempo, e proviamo a immaginare una Roma priva di Falcao: inutile nascondersi dietro un dito, è soprattutto grazie all’apporto del mitico fantasista brasiliano che nella stagione ’82-’83 la squadra giallorossa conquistò il suo secondo scudetto della storia.
Il calcio è un terreno fertile per l’integrazione delle diversità, è un dato di fatto, almeno dal punto di vista del gioco, eppure quel che accade in uno degli sport più seguiti al mondo non va di pari passo col resto della società, almeno in Italia, diciamolo apertamente.
Le discriminazioni, a volte anche nei luoghi di lavoro, sono infatti all’ordine del giorno, ed hanno come oggetto le differenze di genere, di età, di orientamento sessuale, di religione, di abilità psichica e motoria e chiaramente, di razza.


Da alcuni anni però diverse aziende stanno sperimentando al loro interno un modo differente di approcciare al tema della diversità: parliamo di “Diversity Management”, un principio gestionale nato negli Stati Uniti nei primi anni ’90, che cerca di contrastare ogni forma di discriminazione nei luoghi di lavoro.
Il Diversity Management propone dei sistemi di valorizzazione delle differenze e di promozione dell’inclusione sociale, e per realizzarli utilizza soprattutto la comunicazione aziendale, la formazione ed il coaching. Il presupposto alla base è che un’azienda multiculturale è molto più ricca in termini di potenziale umano di un’azienda monoculturale, e per questo maggiormente pronta ad affrontare le sfide di un mercato sempre più complesso e globalizzato.


Diversi studi empirici e analisi statistiche (v. nota a margine), dimostrano come la diversità, se adeguatamente gestita, garantisce effetti virtuosi sulle performance dei team e delle aziende, grazie alle opportunità di interazione che derivano da differenti approcci(primo fra tutti il coaching): riduzione dei fenomeni di assenteismo, aumento della produttività, crescita delle soluzioni innovative e creative. 
Accanto a ciò aggiungo che la tutela della diversità può migliorare certamente la motivazione e il senso di appartenenza, non soltanto verso l’azienda, ma nei confronti dell’intera società, con effetti benefici quindi sulla coesione sociale.


a presto e... se non ci sentiamo prima di Natale...Auguri!
....sotto l'albero il regalino per voi è uno dei miei "dream"::


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Nota: Per gli studi in ambito management, si v. ad esempio la review in “Kilduff, M., Angelmar, R. & Mehra, A., 2000, “Top management team diversity and firm performance: examining the role of cognitions”,Organization Science, 11: 1, 21-34”.
Un’interessante studio si trova anche su: http://didattica.unibocconi.it/mypage/upload/49273_20090112_032848_JELALESINALAFERRARA.PDF